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In ogni vita, prima o poi, arriva una “notte tenebrosa dell’anima“. Quelli sono i momenti in cui ci sentiamo lontani dalla luce, senza scopo e senza alcun supporto da parte di Dio. Le nostre grida angosciate supplicano: “Padre celeste, dove sei?” “Sai chi sono io?” “Mi ami?” “Sai che cosa sto passando?”.

Queste prove spesso accompagnano le nostre più grandi aspirazioni. Più grande è il desiderio, maggiore sembra l’ostacolo che viene messo sul nostro percorso verso la sua realizzazione.

Durante questo processo di superamento delle prove, trascendiamo il nostro vecchio sé e diventiamo qualcuno che può aiutare gli altri in modo più profondo e più aperto.

Parliamo di un caso in particolare: una delle donne più influenti ed ispiratrici del 20° secolo è stata Madre Teresa.

E’ possibile che abbia influenzato nel bene più di ogni altra donna della storia recente; ha toccato profondamente milioni di persone ed ha ricevuto il Nobel per la Pace per il suo impegno, poiché le persone, grazie a lei, hanno potuto sentire un grande amore, una tale compassione e vedere la luce.

Ciò che la maggior parte delle persone non sa è che Madre Teresa ha avuto un processo straziante di oscurità interna, durato più di 50 anni! La sua storia sembra essere una di quelle classiche piene di prove da affrontare.

Come è iniziata

Il desiderio del cuore puro di Madre Teresa era quello di amare ed essere amata da Dio. Con tutto il suo essere, voleva “amare Gesù come Egli non è mai stato amato prima”.

Sentiva di essere stata chiamata da Dio ad aiutare le persone che nessun altro voleva (i lebbrosi, i bambini di strada, le prostitute, i tossicodipendenti, coloro che muoiono per le strade).

Sentiva che tutti meritano l’amore di Dio e che la sua missione era aiutarli a sentirsi amati; proprio nel momento in cui iniziò il suo lavoro in cui cominciò a fare quello che Dio le aveva espressamente chiesto di fare, cominciò a sentire un buio nero come la pece che avvolgeva la sua anima, un completo vuoto spirituale.

Il dolore del desiderio

Nel 1961, in una delle tante lettere strazianti al suo superiore, Padre Neuner, ella confidò: “L’oscurità è tale che io davvero non vedo, né con la mente, né con la ragione; il posto di Dio nella mia anima è vuoto.

Non c’è Dio in me. Quando il dolore del desiderio è così grande, cerco continuamente Dio e allora sento che Egli non mi vuole… non riesco a spiegare tale tortura e tale dolore” (Madre Teresa: Vieni, sii la mia luce, pag 210).

Col passare degli anni, ha continuato a risuonare lo stesso tema: “Per quanto mi riguarda, cosa posso dire? Non ho nulla, dal momento che non ho Lui, che è quello che il mio cuore e la mia anima anelano a possedere. La solitudine è così grande…

Se c’è un inferno, deve essere questo. Quanto è terribile essere senza Dio” (pag. 249-250). La cosa che desiderava di più, le era negata. Si sentiva profondamente respinta, indesiderata e non amata. Molte persone possono sentire questi sentimenti strazianti, durante delle prove difficili.

Ella ha imparato ciò che possiamo imparare anche noi

Nel corso del tempo, Padre Neuner ha aiutato Teresa a rendersi conto che questi sentimenti di abbandono potevano effettivamente essere utilizzati per aumentare la comprensione e la compassione per la gente che ella serviva. Ha iniziato ad identificare la sua sofferenza con la sofferenza di Cristo.

Questo le ha aperto una nuova prospettiva, che l’ha aiutata ad accettare la sua condizione. Ha iniziato a porre questa oscurità ai piedi di Gesù e si è offerta di poter essere usata in qualche modo, anche se le fosse stato richiesto di rimanere in quella oscurità interiore per sempre. In profonda umiltà, si è arresa a tutto!

Sembra che questa accettazione e questa rassegnazione facciano parte di un processo che tutti coloro che vogliono conoscere davvero il Signore hanno bisogno di sperimentare.

Un Processo verso la pietà

Neal A. Maxwell parla di questo processo:

“Il presidente Brigham Young ha detto di una destinazione geografica: ‘Questo è il luogo’. Del piano di salvezza di Dio, con la sua destinazione ed il suo sviluppo, si può dire: ‘questo è il processo!’

Il Presidente Young, che conosceva le prove e le tribolazioni, ma anche l’alto destino dell’uomo, ha detto che il Signore ci fa passare attraverso queste esperienze perché in questo modo possiamo diventare veri amici di Dio.

Se sviluppiamo le nostre capacità individuali, se esercitiamo in modo saggio il nostro libero arbitrio e confidiamo in Dio, anche quando ci sentiamo abbandonati e soli, allora possiamo, come ha detto il presidente Young, imparare ad essere “giusti nelle tenebre”.

Il bagliore del Vangelo che vediamo irradiarsi, tra difficoltà oscure, proviene da individui illuminati che sono di buon animo.

Essere allegri quando gli altri sono in preda alla disperazione, mantenere la fede quando gli altri esitano, essere veri anche quando ci sentiamo abbandonati: tutti questi sono risultati che desideravamo durante gli addestramenti divini e che Dio ci dà perché ci ama.

Queste esperienze di apprendimento non devono essere fraintese con la divina indifferenza. Esse servono, invece, come parte del divino sviluppo (Neal A. Maxwell, CR, Ottobre 1983, pag. 97).

L’oscurità di Madre Teresa non diminuì, né si placò la sua angoscia, ma ella iniziò ad accettare le sue prove invece di combattere contro di esse. Il più grande cambiamento per se stessa è comunque avvenuto quando ha cominciato ad essere grata per tutto questo. Dopo 11 anni di buio, disse ai suoi superiori:

“Per la prima volta in questi 11 anni, ho imparato ad amare il buio perché ora credo che si tratti di una parte molto, molto piccola del buio e del dolore che provò Gesù sulla terra” (Madre Teresa: Vieni, sii la mia luce pag. 208).

Iniziò a farsi strada dentro di lei l’idea che ciò che sentiva era ciò che anche i disperati, che era stata chiamata ad aiutare, provavano. Si meravigliò che essi potessero sentire la luce di Cristo irradiarsi attraverso di lei, anche se ella non la sentiva.

Da quando ebbe questa consapevolezza, rispose sempre con un “caloroso sì” a Dio ed un grande “SORRISO” a tutti” (pag. 219), non importa come ella si sentisse. Stava subendo le prove che tutti, in qualche modo, dobbiamo subire.

La più grande difficoltà che abbiamo di fronte alla potenziale crescita, nel corso delle prove, è quella di utilizzare così tanta energia cercando di allontanarle, piuttosto che accettarle.

Noi tendiamo a resistere alle cose che hanno lo scopo di perfezionarci o illuminarci. Se invece cediamo alla volontà del nostro proprio Dio, l’opposizione diminuisce e questo è spesso il momento in cui le prove scompaiono o il loro scopo diventa chiaro. Dobbiamo lasciare che il Signore ci aiuti a modo Suo.

Applicando l’spiazione nella nostra vita, arriviamo al punto in cui siamo disposti a seguire la Sua volontà ed a lasciarlo lavorare attraverso di noi. Egli ci aiuta se passiamo dall’ignoranza e dalla sofferenza alla comprensione e alla liberazione.

Cambio di prospettiva delle prove: dal male al bene

  1. Accettarle!

Lasciate che questa circostanza sia. Smettete di combatterla. Considerate la possibilità che, nel lungo periodo, possa essere per il vostro bene. È questa la “spina nella carne” di cui Paolo parla? Si può accettare la volontà di Dio, qualunque essa sia? Si può contare sulla garanzia che “la mia grazia è sufficiente”? (2 Cor. 12,7-9)

  1. Arrendersi

Anche se non può sembrare possibile che questa possa essere la volontà di Dio per voi, arrendetevi a Lui. Dite “sì” a Dio, non importa su cosa! Arrendetevi a tutto ciò che avete e siete, per Lui.

Mettetevi completamente a Sua disposizione perché Egli possa fare con voi ciò che vuole.

L’anziano Bednar ha detto: “Credete in Lui con tutta l’anima… arrendiamo la nostra volontà alla Sua e sottomettiamoci alle Sue priorità e alle Sue tempistiche per noi” (David A. Bednar “Se conosceste me”, Conferenza di Ottobre 2016).

  1. Ringraziare Dio per le prove

Sia che lo sentiate o no, se vi rivolgete al Signore durante le vostre prove, crescerete. I “noi stessi preesistenti” volevano vederci superare le maggiori difficoltà. Può essere che i nostri “sé superiori” siano gratificati ed euforici, durante queste tribolazioni, a causa di quello che stiamo vivendo.

La linea di base, con Dio, è il progresso. Egli è lì per aiutarci a diventare perfetti. “Ma il Dio di ogni grazia… dopo che avrete sofferto un po’, vi renderà perfetti…” (1 Pietro 5:10).

Quando si arriva al punto in cui possiamo gioire di questa prospettiva di perfezione, spesso vi è una visione più intensa che ci aspetta.

Madre Teresa ha imparato molto dalle sue prove. Pochi hanno sperimentato un’estesa “notte tenebrosa dell’anima”, come è stato richiesto di lei. A causa del “prezzo” che ella ha pagato e alla sua comprensione che c’era uno scopo in questo dolore, ella è diventata uno strumento di pace e di luce per milioni di persone.

Jeffrey Holland ha scritto:

Quindi, se le vostre preghiere sembrano senza risposta, seguite il cuore… Se a volte sembra che più cercate, più diventa difficile, seguite il cuore. Così è stato per le persone migliori che abbiano mai vissuto…

Non è facile andare avanti senza gratificazioni fisiche, assicurazioni spirituali o beni materiali, ma a volte dobbiamo farlo poiché non vi è alcuna garanzia scritta nella nostra alleanza cristiana. Dobbiamo lavorare sodo, fare il bene e qualche volta la nostra occasione arriva.

E quando proviamo, cerchiamo davvero ed aspettiamo per quello che sembra non arrivare mai, gli angeli possono venire da noi, con il loro ministero. Perché riceviate questo ministero nella vostra vita, io prego…” (Jeffrey R. Holland, “Il Messia sconveniente” devozionale alla BYU, 2 Feb. 1982).

Quale “dispiegarsi divino” è in procinto di prendere posto nella tua vita?

Che cosa vi è stato chiesto di fare per diventare il vostro proprio essere divino? Cosa vi hanno chiesto di sperimentare, per adempiere il vostro destino?

Qualunque cosa sia, potrà strappare le corde del cuore e tagliare il tessuto stesso della vostra anima, ma questo è il modo in cui tutto avviene!

Questo è il percorso che alla fine vi aiuterà a toccare il maggior numero di anime qui sulla terra, ed a portare la gioia assoluta in questa vita e nell’aldilà. Cerchiamo di abbracciare le nostre prove: sono il modo per noi, di espanderci verso l’alto, nella pietà di Dio.

Questo articolo è stato originariamente scritto da Anne Hinton Pratt e pubblicato sul sito ldsmag.com. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.

 

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Anderson

Anderson lavora come senior manager a Milano. Si è laureato in Scienze Sociali e ha un master in International Business. Gli piacciono le relazioni internazionali, la tecnologia, leggere, viaggiare ed essere impegnato in progetti socialmente utili. Parla fluentemente il portoghese, italiano e inglese e vuole imparare il tedesco. Ha servito come missionario volontario ed è un membro attivo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

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