Una domanda

Circa un anno e mezzo fa sapevo esattamente cosa avrei voluto fare con la mia vita. Sapevo quello che volevo, avevo un piano per arrivarci e mi stavo impegnando duramente per poter realizzare quello che volevo.

Volevo delle cose buone, ne parlavo con Dio nelle preghiere e riuscite ad immaginare che cosa è successo? Ho fallito. Ho fallito e, a causa di questo, ho cambiato la mia prospettiva sulla vita, su chi sono io e sul mio rapporto con Dio.

Credo che Dio dia a ciascuno di noi dei doni o capacità naturali. La mia era la capacità di stare su un palco. Fin da quando ero bambino, amavo stare sul palco ed avevo un talento naturale per far ridere la gente.

Al college avevo trasformato quel dono in un talento, diventando un cabarettista. Amavo quel lavoro. Mi sentivo me stesso. Ero Stephen Jones l’intrattenitore.

Ma poi mi sono sposato, e la vita ha iniziato a passare davvero molto, ma molto veloce. Mentre mia moglie ed io iniziavamo a parlare di bambini, ho iniziato a cercare un lavoro da “adulto”, per poter avere un’assicurazione ed essere in grado di sostenere una famiglia.

Mi sentivo un adulto, avevo bisogno di dire addio allo Stephen spensierato, divertente, intrattenitore (quella parte di me che avevo veramente amato) e salutare un nuovo lavoro in ufficio dalle 9 alle 17, che avevo accettato perché la paga era buona e mi avrebbe dato l’assicurazione sanitaria per la mia famiglia.

Così ho accettato un posto di lavoro per l’assicurazione sanitaria. E l’ho odiato. Non ero io. Quel primo giorno sono tornato a casa e ho letteralmente pianto. Ricordo di aver pensato: “Padre celeste, cosa sto facendo in questo mondo?”

Credo che Dio si preoccupi di ciò che facciamo con le nostre vite. Credo che Egli voglia aiutarci. Ma quello che ho imparato attraverso la mia esperienza è che Egli si aspetta che noi agiamo. Egli si aspetta che facciamo qualcosa per i nostri sogni.

E così ho agito. Dopo aver cambiato quattro posti di lavoro in quattro anni, ho deciso che dovevo agire in modo più decisivo. Avevo bisogno di capire chi fosse davvero Stephen Jones e che cosa dovessi fare con la mia vita.

Nel frattempo, mentre pensavo e pregavo per questo, una domanda mi venne alla mente e mi aiutò a focalizzare la mia ricerca. E’ una domanda alla base del mio modo di vivere di adesso.

“Cosa conterà davvero tra 1000 anni?”

E, parlando di professioni, ho pensato che quel lavoro che avevo deciso di accettare solo per l’assicurazione sanitaria, che lasciava insoddisfatto, non sarebbe stato importante tra 1.000 anni. Così l’ho lasciato. E mi sono concentrato sul mio sogno di essere un insegnante di religione del liceo.

Sicuramente è qualcosa che conterà tra 1000 anni, giusto? Ho iniziato l’arduo processo per entrare nel programma e buttarmi nell’insegnamento agli studenti e, allo stesso tempo, ho continuato a recitare ed intrattenere le persone, in modo da poter continuare a pagare le bollette di casa.

Mi sentivo come se tutto andasse bene. Mi sentivo benedetto. E, poi, quando è arrivato il momento per l’assunzione definitiva ho ricevuto un’email che iniziava con:

“Sono spiacente di informarla…”. Mi sono sentito schiacciato. Dopo mesi in cui avevo messo tutto il mio cuore e la mia anima nell’insegnamento per quegli studenti, pregando Dio per poter ricevere un posto da insegnante, non sono stato assunto.

In questo programma, quando si ottiene un “no” è di solito abbastanza definitivo e non si dovrebbe provare di nuovo. Ma per me c’era ancora un barlume di speranza.

Anche se non ero stato assunto, avevo detto che potevo continuare ad insegnare agli studenti ed aspettare di vedere se qualcosa potesse cambiare in futuro. Così ho insegnato ancora. E mi è piaciuto.

Poche settimane dopo ho ricevuto una telefonata dal direttore del programma che mi ha chiesto di parlare con me e mia moglie. Ho pensato: “Ecco. Sta per accadere.”

Ci siamo incontrati con lui e mi ha offerto di insegnare religione al di fuori dello stato. Questo non era quello che mi aspettavo. Non era quello per il quale pensavo avremmo dovuto riflettere, mia moglie ed io, e pregare durante il fine settimana. Ma l’abbiamo fatto. Abbiamo chiesto a Dio e semplicemente non mi sembrava giusto.

Giorni dopo mi sono ritrovato a chiamare il direttore e dire: “Sono molto grato per questa opportunità, ma semplicemente non mi sembra giusto. Devo fare ciò che è giusto per la mia famiglia e non posso accettare il lavoro”.

Nel mio cuore ho pensato: “Beh, questo è quanto. Questo sogno è andato. Ho scelto qualcosa che è importante tra 1.000 anni, ci ho messo la buona volontà e sembra che Dio non lo stia facendo accadere o, comunque, non nel modo in cui avrei voluto o previsto. Perché?”

Con il senno di poi, adesso posso dire che capisco il perché. Dopo aver detto di no al trasferirmi al di fuori dello stato, hanno detto che potevo continuare ad insegnare agli studenti di quel posto.

La scelta di questo percorso avrebbe comportato un onere finanziario per la mia famiglia e avevo bisogno di mettere loro davanti a tutto, quindi inizialmente ho detto di no.

Ma, poi, l’ultimo giorno di lezione ho capito che quello era ciò che sono: quello era ciò che sarebbe stato importante, per me, tra 1.000 anni. Avevo bisogno di insegnare.

Così ho agito nella fede dicendo che sarei tornato ad insegnare anche se finanziariamente non sapevo come sarebbe andata a finire per la mia famiglia. Ma mi sentivo bene. E mi sono fidato del fatto che, se avessi agito, sarebbe andato tutto bene.

Ho insegnato. Ed è stato difficile. Non sembrava che le cose stessero procedendo bene. Appena avevo detto di no al trasferirmi al di fuori dello stato, gli spettacoli diminuirono, il che significava che non entrava denaro e le bollette non venivano pagate.

La mia situazione di lavoro causava stress alla mia famiglia e nella mia anima stavo iniziando a chiedermi se la mia fede e la speranza in Dio stessero ancora lavorando.

E, poi, ecco la risposta. Due mesi dopo aver detto di no ad un’occasione che non mi faceva sentire bene, dopo due mesi di difficoltà finanziarie, è arrivata una telefonata. Si era liberato un posto di insegnante vicino casa mia e mi stavano offrendo un lavoro.

Ed era arrivato proprio quando ne avevo bisogno, proprio quando ero nel mio momento più difficile. E dopo la telefonata, ho guardato in alto e ho detto: “Mi fido di te. Mi fido di te.”

Dio mi conosceva. Aveva risposto alle mie preghiere. Ma mi aveva fatto aspettare. Mi aveva fatto desiderare. E a volte lo fa, anche quando vogliamo delle cose buone, anche se siamo concentrati sulle cose che conteranno tra 1.000 anni.

Il punto è che se vi fidate di Lui, Egli non vi deluderà, perché Egli è lì per noi oggi, domani, tra 1.000 anni da oggi e per l’eternità.

Allora, cosa vi preoccupa in questo momento che non avrà importanza, tra 1000 anni? E cosa avete intenzione di fare che sarà importante tra 1000 anni?

Rispondete a queste domande. Chiedete aiuto e chiarezza a Dio. E, poi, confidate in Lui.

Dio mi conosceva. Conosceva lo scopo dei miei fallimenti. Conosceva lo scopo della mia attesa e come sarei cresciuto a causa di esso. Avevo solo bisogno di imparare ad agire e ad avere fiducia.

Perché a volte i più grandi “fallimenti” della vita si rivelano essere proprio quello che cercavamo.

Questo articolo è stato scritto da Stephen Jones e pubblicato sul sito lds.org. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.

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Cinzia

Cinzia è un'impiegata ed una traduttrice. Ha una laurea in Scienze dell'Educazione e ha anche insegnato, per un paio di anni, a bambini della scuola materna, un lavoro che ha amato molto. E' stata un'insegnante nelle classi della Società di Soccorso, delle Giovani Donne e dell'Istituto. Ha molti interessi: patchwork, quilling, oli essenziali. Le piace prendersi cura di sè con soluzioni naturali. E' vegana e ama gli animali e la natura ed è fermamente convinta che le creazioni di Dio siano sacre. E' una volontaria dell'ENPA, un'associazione italiana, per la protezione degli animali ed è anche un membro di Greenpeace e del WWF. Ama passare il tempo con la sua famiglia e i suoi amici. Ama il vangelo di Gesù Cristo e sa che le famiglie sono eterne.

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